Carlo Dionisotti, Per una storia della lingua italiana, in «Romance philology», 16, 1962, pp. 41-58: 42.
La definizione, ormai canonica, è in Paolo D'Achille, L'italiano dei semicolti, in Storia della lingua italiana. II. Scritto e parlato, a c. di Luca Serianni e Pietro Trifone, Torino, Einaudi, 1994, pp. 41-79: 41. Recentemente è stato proposto di designare, con semicolto, «lo scrivente che si serve dello strumento linguistico in modo deviante rispetto alla norma corrente, condivisa e accettata, e il cui comportamento linguistico per tale motivo è soggetto a forte stigmatizzazione sociale»; cfr. Rita Fresu, Scritture dei semicolti, in Storia dell'italiano scritto. III. Italiano dell'uso, a c. di Giuseppe Antonelli, Matteo Motolese e Lorenzo Tomasin, Roma, Carocci, 2014, pp. 195-223: 195. Sull'introduzione in letteralingua tura del termine semicolti, perlomeno con l'accezione moderna, si rimanda a Francesco Bruni, Traduzione, tradizione e diffusione della cultura: Contributo alla lingua dei semicolti, in Alfabetismo e cultura scritta. Atti del Seminario di Perugia (29-30 marzo 1977), a c. di Attilio Bartoli Langeli e Armando Petrucci, Perugia, Università degli Studi, 1978, pp. 195-234, e Id., L'italiano. Elementi di storia della lingua e della cultura, Torino, Utet, 1984. Una sintesi aggiornata sulla questione e sulle problematiche ad essa connesse, corredata da un'esauriente bibliografia, si trova nel contributo di Rita Fresu, L'italiano dei semicolti, in Manuals of Romance Linguistics (MRL). XIII. Manuale di linguistica italiana, a c. di Sergio Lubello, Berlin-New York, de Gruyter, 2016, pp. 328-350.
Cfr. ad esempio Rosanna Sornicola, Il parlato: Fra diacronia e sincronia, in Gesprochenes Italienisch in Geschichte und Gegenwart, a c. di Günter Holtus e Edgar Radtke, Tübingen, Gunter Narr, 1985, pp. 2-23. Già trent'anni prima Giovanni Nencioni aveva messo in discussione la «tradizionale e riduttiva opposizione "scritto-parlato"»; si veda Giovanni Nencioni, 'Parlato-parlato, parlato-scritto, parlato-recitato', in «Strumenti critici», 10, 1956, pp. 1-56: 1, poi in Id., Di scritto e parlato. Discorsi linguistici, Bologna, Zanichelli, 1983, pp. 126-179.
Rita Librandi, Una storia dell'italiano scritto per i nodi della storia della lingua italiana, in Quaderno di italianistica, a c. della Sezione di Italiano dell'Università di Losanna, Pisa, Ets, 2015, pp. 183-190: 187, afferma ad esempio: «non possiamo non concludere che è fuorviante parlare di due campi opposti rappresentati rispettivamente da scriventi colti e semicolti».
Eccellenti sintesi si trovano in Günter Holtus e Wolfgang Schweickard, Zum Stand der Erforschung der historischen Dimension gesprochener Sprache in der Romania, in «Zeitschrift für Romanische Philologie», 107, 1991, pp. 547-574 e, più recentemente, in Enrico Testa, Storia della lingua parlata nella Romania: Italiano/Geschichte der gesprochenen Sprache in der Romania: Italienisch, in Romanische Sprachgeschichte/Histoire linguistique de la Romania. Ein internationales Handbuch zur Geschichte der romanischen Sprachen/Manuel international d'histoire linguistique de la Romania, a c. di Gerhard Ernst, Martin-Dietrich Gleßgen, Christian Schmitt e Wolfgang Schweickard, Berlin-New York, de Gruyter, 2008, III, pp. 2412-2424.
Si rimanda ai contributi di Rita Fresu, Alla ricerca delle varietà "intermedie" della scrittura femminile tra XV e XVI secolo. Lettere private di Lucrezia Borgia e di Vannozza Cattanei, in «Contributi di Filologia dell'Italia mediana», 18, 2004, pp. 14-82; Rita Librandi, Varietà intermedie di italiano in testi preunitari, in La variabilité en langue. Langue parlée et langue écrite dans le présent et dans le passé, a c. di Rika Van Deyck, Rosanna Sornicola e Johannes Kabatek, Gand, Communication & Cognition, 2004, pp. 77-103; Enrico Testa, L'italiano nascosto. Una storia linguistica e culturale, Torino, Einaudi, 2014. Bianconi parla di una varietà funzionale per «capire e farsi capire»: Si veda Sandro Bianconi, Italiano lingua popolare. La comunicazione scritta e parlata dei 'senza lettere' nella Svizzera italiana dal Cinquecento al Novecento, Firenze-Bellinzona, Accademia della Crusca/Ed. Casagrande, 2013, p. 16.
Rita Fresu, L'italiano dei semicolti cit., p. 338.
Cfr. Gianfranco Folena, Chiaroscuro leonardesco, in «Lingua nostra», 12, 1951, pp. 57-63, poi in Id., Il linguaggio del caos. Studi sul plurilinguismo rinascimentale, Torino, Bollati Boringhieri, 1991, pp. 242-254, e Id., Noterelle lessicali albertiane, in «Lingua Nostra », 18, 1957, pp. 6-10. Dello stesso autore si veda il più tardo La scrittura di Tiziano e la terminologia pittorica rinascimentale, in Miscellanea di studi in onore di Vittore Branca. III. Umanesimo e Rinascimento a Firenze e Venezia, Firenze, Olschki, 1983, II, pp. 821-843, poi in Id., Il linguaggio del caos cit., pp. 255-279.
Cfr. ad esempio Giovanni Nencioni, La lingua di Michelangelo, in Michelangelo artista, pensatore, scrittore, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1965, II, pp. 569-576, poi in Id., Tra grammatica e retorica. Da Dante a Pirandello, Torino, Einaudi, 1983, pp. 89-107; Id., Sulla formazione di un lessico nazionale dell'architettura, in «Bollettino d'informazioni del Centro di Ricerche Informatiche per i Beni Culturali», 5, 1995, pp. 7-33, poi in Id., Saggi e memorie, Pisa, Scuola Normale Superiore, 2000, pp. 51-74; Paola Barocchi, Storiografia artistica. Lessico tecnico e lessico letterario, in Ead., Studi vasariani, Torino, Einaudi, 1984, pp. 134-156; Paola Barocchi, Vasari e il lessico tecnico, in «Bollettino d'informazioni Centro di Ricerche Informatiche per i Beni Culturali», 6, 1996, pp. 25-35.
Gli atti sono editi in Storia della lingua e storia dell'arte in Italia: Dissimmetrie e intersezioni. Atti del III convegno ASLI (Roma, 30-31 maggio 2002), a c. di Vittorio Casale e Paolo D'Achille, Firenze, Cesati, 2004.
Sulla lingua degli artisti sarebbe vano tentare di riassumere la bibliografia degli ultimi vent'anni in poche righe. Per il periodo qui preso in esame si rimanda pertanto al recente volume Lingua delle arti e lingua di artisti in Italia fra Medioevo e Rinascimento, a c. di Alessandro Aresti, Firenze, Cesati, 2019, e ai riferimenti bibliografici ivi contenuti.
Per ciascuno degli artisti citati si segnala, senza pretesa di esaustività, una selezione di studi critici. Su Leonardo cfr. Paola Manni, Percorsi nella lingua di Leonardo: Grafie, forme, parole. XLVIII lettura vinciana (12 aprile 2008), Firenze, Giunti, 2008; Marco Biffi, La lingua tecnico-scientifica di Leonardo da Vinci, in Prospettive nello studio del lessico italiano. Atti del IX Congresso SILFI (Firenze 14-17 giugno 2006), a c. di Emanuela Cresti, Firenze, Firenze University Press, 2008, I, pp. 129-136; Marco Biffi, Leonardo inventore di lingua; Leonardo e il volgare; Leonardo e la lingua dell'architettura; Leonardo e la lingua della pittura, in L'italiano tra scienza, arte, tecnologia, a c. di Anna Antonini et al., Firenze, Le Lettere, 2009, rispettivamente pp. 71-75; 76-80; 93-102; 103-104; Glossario leonardiano. Nomenclatura delle macchine nei codici di Madrid e Atlantico, a c. di Paola Manni e Marco Biffi, Firenze, Olschki, 2011; Carlo Vecce, Leonardo e la lingua dell'arte della guerra, in Lingua delle arti cit., pp. 191-204. Su Michelangelo si vedano: Giovanni Nencioni, La lingua di Michelangelo cit.; Lucilla Bardeschi Ciulich, Costanza ed evoluzione nella grafia di Michelangelo, in «Studi di grammatica italiana», 3, 1979, pp. 5-138; Luca D'Onghia, Michelangelo in prosa. Sulla lingua del «Carteggio» e dei «Ricordi», in «Nuova Rivista di Letteratura Italiana», 17, 2014, pp. 89-113; Luca D'Onghia, Fu vero stile? Noterelle su Michelangelo epistolografo, in Michelangelo scrittore, a c. di Giuseppe Crimi, Roma, L'Erma di Bretschneider, 2015, pp. 135-146; Andrea Felici, Michelangelo a San Lorenzo (1515-1534). Il linguaggio architettonico del Cinquecento fiorentino, Firenze, Olschki, 2015; Claudio Marazzini, La lingua di Michelangelo, in «Annali aretini», 23, 2015, pp. 125-132; Gianluca Valenti, Towards an Analysis of Michelangelo's Epistolary Language. Some Remarks, in «Italica», 94, 2017, pp. 685-708; Id., Le lettere di Michelangelo. Autopromozione e auto-percezione nel contesto del dibattito linguistico contemporaneo, in «Studi di Memofonte», 18, 2017, pp. 182-210; Id., Le revisioni linguistiche del Riccio e del Giannotti alle lettere di Michelangelo, in Lingua delle arti cit., pp. 263-290; Id., A Corpus-Based Approach to Michelangelo's Epistolary Language, in «DH Benelux journal», 2, 2020, pp. 1-17. Su Vasari si vedano infine: Giovanni Nencioni, Sullo stile del Vasari scrittore, in Studi vasariani. Atti del convegno internazionale per il IV centenario della prima edizione delle 'Vite' del Vasari (Firenze, Palazzo Strozzi, 16-19 Settembre 1950), a c. di Umberto Baldini, Firenze, Sansoni, 1952, pp. 111-115; Giovanni Nencioni, Il Vasari scrittore manierista?, in «Atti e memorie della Accademia Petrarca», 37, 1965, pp. 260-283, poi in Id., Tra grammatica e retorica cit., pp. 69-88; Paola Barocchi, Vasari e il lessico tecnico cit.; Anna Siekiera, Identità linguistica del Vasari «artefice» I. «Due lezzioni» di Benedetto Varchi alla vigilia della prima edizione delle «Vite», in Architettura e identità locali I, a c. di Lucia Corrain e Francesco Paolo Di Teodoro, Firenze, Olschki, 2013, pp. 113-123; Anna Siekiera, Identità linguistica del Vasari «artefice» II. La scrittura vasariana nell' «introduzzione» alle «Vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani» (1550), in Architettura e identità locali II, a c. di Howard Burns e Mauro Mussolin, Firenze, Olschki, 2013, pp. 497-509.
Molti degli scritti, anche autografi, di Bartolomeo Ammannati non godono nemmeno del privilegio di una moderna edizione a stampa. Praticamente inesistenti sono gli studi sulla lingua dello scultore. A questa situazione si è tentato di ovviare con la recente pubblicazione di un nucleo di lettere inedite, le stesse che sono oggetto di analisi pragmatica nel presente saggio: Cfr. Gianluca Valenti, Bartolomeo Ammannati. Lettere sui cantieri toscani (1563-1578). Trascrizione e note linguistiche, in «Studi di filologia italiana», 77, 2019, pp. 203-288.
Stefano Telve, Lingua e norme dell'italiano. Alcune considerazioni a partire dalle lettere fra Cinque e Settecento, in L'epistolografia di antico regime. Convegno internazionale di studi (Viterbo, 15-16-17 febbraio 2018), a c. di Paolo Procaccioli, Manziana, Vecchiarelli, 2019, pp. 243-258: 243-244.
Rita Fresu, Tipologia dei testi e variazione linguistica in scritture non istituzionali centromeridionali tra XVIII e XIX secolo, in Generi, architetture e forme testuali. Atti del VII Convegno della SILFI (Roma, 1-5 ottobre 2002), a c. di Paolo D'Achille, Firenze, Cesati, 2004, II, pp. 745-761, e Paolo D'Achille, Le varietà diastratiche e diafasiche delle lingue romanze dal punto di vista storico: Italiano/Die diastratischen und diasituativen Varietäten der romanischen Sprachen aus historischer Sicht: Italienisch, in Romanische Sprachgeschichte cit., pp. 2334-2355: 2346.
Luca Serianni, Gli epistolari ottocenteschi e la storia della lingua, in La cultura epistolare nell'Ottocento. Sondaggi sulle lettere del CEOD, a c. di Giuseppe Antonelli, Carla Chiummo e Massimo Palermo, Roma, Bulzoni, 2004, pp. 51-65: 52.
Massimo Palermo, Il carteggio Vaianese (1537-39). Un contributo allo studio della lingua d'uso nel Cinquecento, Firenze, Accademia della Crusca, 1994, p. 24
In aggiunta ai lavori lessicologici segnalati supra si vedano anche Veronica Ricotta, Per il lessico artistico del medioevo volgare, in «Studi di lessicografia italiana», 30, 2013, pp. 27-92; Alessandro Aresti e Gianluca Valenti, Parole dell'arte tra Medioevo e Rinascimento. Sulla terminologia artistico-architettonica dei testi pratici, in Etimologia e storia di parole. Atti del XII Convegno ASLI (Firenze, 3-5 novembre 2016), a c. di Luca D'Onghia e Lorenzo Tomasin, Firenze, Cesati, 2019, pp. 141-153; Gianluca Valenti, Affioramenti di lessico artistico nella letteratura italiana delle Origini, in «Zeitschrift für romanische Philologie », 135, 2019, pp. 256-273.
Rita Fresu, L'italiano dei semicolti cit., p. 332.
Si dovrà sorvolare sul difficile problema della mancanza di accordo, in letteratura, sulla definizione di (s)cortesia. Si veda una panoramica in Discoursive approaches to politeness, a c. del Linguistic Politeness Research Group, Berlin-New York, de Gruyter, 2011, pp. 1-17: 2-5, e in Richard J. Watts, Linguistic politeness research: Quo vadis?, in Politeness in Language. Studies in Its history, Theory and Practice, a c. di Richard J. Watts, Sachiko Ide e Konrad Ehlich, Berlin-New York, de Gruyter, 2005, pp. XI-XLVII: XIV-XIX.
Cfr. G. Valenti, Bartolomeo Ammannati cit.; in questo intervento le lettere saranno citate, fra parentesi quadre, attraverso il numero identificativo previsto dalla mia edizione.
Francesco Sabatini, Prospettive sul parlato nella storia linguistica italiana (con una lettura dell'Epistola napoletana del Boccaccio), in Italia linguistica: Idee, storia, strutture, a c contemporadi Federico Albano Leoni, Daniele Gambarara, Franco Lo Piparo e Raffaele Simone, Bologna, il Mulino, 1983, pp. 167-201: 177.
Cfr. Jonathan Culpeper e Merja Kytö, Early modern English dialogues. Spoken Interaction as Writing Cambridge, Cambridge University Press, 2010, p. 17.
Tale conclusione resta valida nonostante, nel Cinquecento, la lettera fosse un genere testuale più codificato di quanto non lo sia ai giorni nostri (cfr. Massimo Palermo, Il Carteggio Vaianese cit., pp. 113 ss., e Fabio Magro, Lettere familiari, in Storia dell'italiano scritto. III. Italiano dell'uso, a c. di Giuseppe Antonelli, Matteo Motolese e Lorenzo Tomasin, Roma, Carocci, 2014, pp. 101-157: 107-135), e nonostante in essa fossero assenti numerose marche che hanno un ruolo chiave nelle analisi pragmatiche di registrazioni contemporanee del parlato. Si veda, in proposito, la trattazione sulle interruzioni in Carla Bazzanella, Le facce del parlare. Un approccio pragmatico all'italiano parlato, Firenze, La Nuova Italia, 1994, pp. 175-205. Due densi studi pragmatici sulla petitio medievale sono stati messi a punto da Gudrun Held, «Supplica la mia parvidade.». Petitions in medieval society - A matter of ritualised or first reflexive politeness?, in «Journal of historical pragmatics », 11, 2010, pp. 21-36, e - con l'interesse rivolto prevalentemente alla retorica -Rita Librandi, Le strategie del chiedere nelle «lettere» di Caterina da Siena, in «Quaderns d'Italà», 6, 2001, pp. 83-100. I recenti volumi Letter Writing, a c. di Terttu Nevalainen e Sanna-Kaisa Tanskanen, Amsterdam-Philadelphia, Benjamins, 2007, e Letter Writing and Language Change, a c. di Anita Auer, Daniel Schreier e Richard J. Watts, Cambridge, Cambridge University Press, 2015, al pari della monografia di Susan M. Fitzmaurice, The Familiar Letter in Early Modern English. A Pragmatic Approach, Amsterdam-Philadelphia, Benjamins, 2002, offrono numerosi spunti di interesse sull'applicazione degli strumenti della linguistica e della pragmatica storica a documenti di tipo epistolare.
Annick Paternoster, Cortesi e scortesi. Percorsi di pragmatica storica da Castiglione a Collodi, Roma, Carocci, 2015, p. 65. Anche Bax e Kádár affermarono che «pivotal shift occurred in Europe in terms of social-interpersonal communication between, say, 1450 and 1600» (cfr. Marcel Bax e Dániel Z. Kádár, The Historical Understanding of Historical (Im) Politeness. Introduction, in Understanding Historical (Im)Politeness, a c. di Marcel Bax e Dániel Z. Kádár, Amsterdam-Philadelphia, Benjamins, 2012, pp. 1-24: 10). D'altronde non è un caso che i galatei - per i quali si veda la recente panoramica in Giovanna Alfonzetti, "Mi lasci dire". La conversazione nei galatei, Roma, Bulzoni, 2016 - facciano la loro comparsa in Europa proprio attorno a metà Cinquecento. Fra i numerosi lavori di Alfonzetti incentrati sulla pragmatica (in particolar modo su complimenti e insulti) si segnalano quello con Margherita Spampinato, Gli insulti nella storia dell'italiano. Analisi di testi del tardo medioevo, in Pragmatique historique et syntaxe - Historische Pragmatik und Syntax. Actes de la section du même nom du XXXIe Romanistentag allemand. Akten der gleichnamigen Sektion des XXXI. Deutschen Romanistentags (Bonn, 27.9.-1.10. 2009), a c. di Barbara Wehr e Frédéric Nicolosi, Frankfurt a.M., Peter Lang, 2012, pp. 1-21; e Compliments, in Pragmatics of Speech Actions, a c. di Marina Sbisà e Ken Turner, Berlin-New York, de Gruyter, 2013, pp. 531-562.
Cfr. Felicia M. Else, «La Maggior Porcheria Del Mondo». Documents for Ammannati's Neptune Fountain, in «Art and Art History Faculty Publications», 7, 2005, pp. 487-491: 488.
John R. Searle, A Taxonomy of Illocutionary Acts, in Language, Mind and Knowledge, a c. di Keith Gunderson, Minneapolis, University of Minnesota Press, 1975, pp. 344-369: 355. Per un'ulteriore evoluzione della classificazione degli atti linguistici di Austin si veda Marina Sbisà, Linguaggio, ragione, interazione. Per una teoria pragmatica degli atti linguistici, Bologna, il Mulino, 1989, pp. 93-130.
Cfr. Elena Nuzzo, Gestire le richieste e le proteste in italiano L2: Un difficile equilibrio tra efficacia e tutela della faccia, in «ITALS. Didattica e linguistica dell'italiano come lingua straniera», 5, 2007, pp. 53-75: 53.
Cfr. Penelope Brown e Stephen C. Levinson, Politeness. Some Universals in Language Usage (1978), II ed. Cambridge, Cambridge University Press, 1987, p. 76.
Cfr. Carla Bazzanella, Linguistica e pragmatica del linguaggio. Un'introduzione (2005), II ed. Roma-Bari, Laterza, 2008, p. 182.
Ancora oggi si può affermare che la questione dell'intensità dell'atto [.] rientra a pieno titolo fra i «problemi che la teoria degli atti linguistici non ha risolto»; cfr. Claudia Caffi, Pragmatica. Sei lezioni (2009), II ed. Roma, Carocci, 2011, p. 65.
Cfr. per esempio Leslie A. Baxter, An investigating of compliance gaining as politeness, in «Human Communication Research», 10, 1984, pp. 427-456; Roger D. Cherry, Politeness in written communication, in «Journal of pragmatics», 12, 1988, pp. 63-68; Nessa Wolfson, The Bulge. A Theory of Speech Behavior and Social Distance, in Second Language Discourse. A Textbook of Current Research, a c. di Jonathan Fine, Norwood, Ablex, 1988, pp. 21-38.
Furono in particolare Yoshiko Matsumoto, Reexamination of the universality of the face: Politeness phenomena in Japanese, in «Journal of Pragmatics», 12, 1988, pp. 403-426; Sachiko Ide, Formal forms and discernment. Two neglected aspects of universals of linguistic politeness, in «Multilingua», 8, 1989, pp. 223-248; Yueguo Gu, Politeness phenomena in modern Chinese, in «Journal of Pragmatics», 14, 1990, pp. 237-257, a contestare alla teoria di Brown e Levinson di non prendere sufficientemente in conto il fatto che la (s)cortesia di un enunciato debba essere valutata anche riguardo alle norme di una determinata cultura o società. Sulla questione si vedano anche Anna Wierzbicka, Cross-cultural Pragmatics. The Semantics of Human Interaction, Berlin-New York, de Gruyter, 1991; Richard J. Watts, Linguistic Politeness and Politic Verbal Behaviour. Reconsidering claims for universality, in Politeness in Language cit., pp. 43-69; Geoffrey N. Leech, Politeness. Is there an East-West divide?, in «Journal of Politeness Research», 3, 2007, pp. 167-206. La nostra indagine non ha pretese di universalità, ma si limiterà a fornire alcuni spunti di riflessione, perlopiù metodologici, validi esclusivamente rispetto al corpus specifico qui preso in esame; in questo modo ci allineeremo all'approccio bottom-up proposto anche in Jonathan Culpeper e Dániel Z. Kádár, Historical (im)politeness. An Introduction, in Historical (im)politeness, a c. di Jonathan Culpeper e Dániel Z. Kádár, Bern, Peter Lang, 2010, pp. 9-36: 18, per i quali solo dalla sovrapposizione di dati raccolti da microanalisi fondate sui testi si potrà formulare una proposta teorica di più ampio respiro relativa al campo della (s)cortesia storica. Si fa notare inoltre che una seconda critica mossa al modello di Brown e Levinson, e cioè la presunta innatezza di tale formula nella mente del locutore - mentre invece secondo altri, sulla scorta di Gino Eelen, A Critique of Politeness Theories, Manchester-Northampton, St Jerome, 2001, essa può al massimo essere considerata come uno strumento da impiegare a posteriori per rivelare determinati aspetti di (s)cortesia linguistica - non intacca la validità dell'analisi qui condotta.
«We are now less sanguine now than we were about the possibility of real precision in this area because of the enormous complexities of the reasoning involved» (cfr. Penelope Brown e Stephen C. Levinson, Politeness cit., p. 11).
Cfr. Geoffrey N. Leech, The Pragmatics of Politeness, Oxford, Oxford University Press, 2014, p. 139, il quale - poche righe prima - fa anche notare, non senza ironia, che «it has been a popular exercise in recent years to discover ways in which B & L's formula fails».
Certamente non è più soddisfacente la formula proposta da Penelope Brown e Stephen C. Levinson, Politeness cit., p. 78, la quale in fondo non permette di stabilire quel «value from 1 to n» che gli studiosi vorrebbero fosse assegnato alle tre variabili, inclusa R.
Il quadro epistemologico di riferimento è quello individuato da Lakoff con la formulazione delle famosissime «rules of politeness»: «1) don't impose; 2) give options; 3) make A feel good - be friendly» (cfr. Robin T. Lakoff, The Logic of Politeness. Or, Mind Your P's and Q's, in Papers from the ninth regional meeting of the Chicago Linguistics So ciety (April 13-15, 1973), a c. di Claudia W. Corum, Cedric T. Smith-Stark e Ann Weiser, Chicago, Chicago Linguistic Society, 1973, pp. 292-305: 298).
Come nota Per van der Wijst, Politeness in Requests and Negotiations, Tilburg, Katholieke Universiteit Brabant, 1996, p. 107, «the most serious problem in quantifying the degree of politeness of an utterance is the fact that most politeness strategies occur in combination with other politeness strategies. It is the combined effect of those strategies that should be predictable by the values of social distance, power difference, and rate of imposition, and that must therefore be operationalized in at least an ordinal measurement procedure».
Si premette che tutte le richieste qui studiate soddisfano le quattro condizioni (condizione preparatoria, di sincerità, del contenuto proposizionale, essenziale) formulate in John R. Searle, Speech acts. An Essay in the Philosophy of Language, Cambridge, Cambridge University Press, 1969, p. 66.
Si è scelto 5, e non 0, per non ottenere come valori finali dei numeri negativi, poiché questo avrebbe creato problemi con la formula di calcolo della cortesia, di cui si discuterà infra.
Si segnala che Elisabetta Santoro, Richieste e attenuazione: Un confronto tra italiano e portoghese brasiliano' in «Normas», 7, 2017, pp. 179-204: 182, è scettica sulla necessarietà dell'equivalenza mitigazione = cortesia, poiché «l'attenuazione non deve essere necessariamente legata alla cortesia, ovvero, alla tutela della relazione con l'altro».
Cfr. Anne Barron, Acquisition in Interlanguage Pragmatics, Amsterdam-Philadelphia, Benjamins, 2003, e Ineke Vedder, Competenza pragmatica e complessità sintattica in italiano L2. L'uso dei modificatori nelle richieste, in «Linguistica e Filologia», 25, 2007, pp. 99-123. Tale classificazione, a sua volta, prende a modello Cross-cultural pragmatics. Requests and Apologies, a c. di Shoshana Blum-Kulka, Juliane House e Gabriele Kasper, Norwood, Ablex, 1989; Anna Trosborg, Apology strategies in native/non-native speakers of English, in «Journal of Pragmatics», 11, 1987, pp. 147-167; Ead., Interlanguage Pragmatics. Requests, Complaints, Apologies, Berlin-New York, de Gruyter, 1995. Pur ritenendola preziosa per altri tipi di analisi, non abbiamo adottato qui la tripartizione dei mitigatori in «cespugli» (bushes, che operano sul contenuto proposizionale e creano vaghezza), «siepi» (hedges, che riducono la forza illocutoria dell'enunciato) e «schermi» (shields, che operano sull'origine deittica dell'enunciato) proposta in Claudia Caffi, La mitigazione. Un approccio pragmatico alla comunicazione nei contesti terapeutici, Münster, LIT Verlag, 2001; Ead., Mitigation, Amsterdam, Elsevier, 2007; Ead., Mitigation, in Pragmatics of speech actions cit., pp. 257-285, e concretamente applicata allo studio del Cortegiano in Annick Paternoster e Claudia Caffi, «Una certa sprezzatura». Forme della mitigazione nel «Libro del Cortegiano» di Baldassar Castiglione (1528), in Cortesia - Politesse - Cortesía. La cortesia verbale nella prospettiva romanistica. La politesse verbale dans une perspective romaniste. La cortesía verbal desde la perspectiva romanística, a c. di Gudrun Held e Bettina Lindorfer, Wien, Peter Lang, 2011, pp. 253-273. Di contro, nella presente analisi, il peso di ciascun mitigatore è stato valutato in maniera uniforme (ossia + 1) indipendentemente dalla sua tipologia
Non è la prima volta che viene proposto di calcolare la preparazione sulla base della sua lunghezza, partendo «dal presupposto che a un maggior numero di parole corrisponde una giustificazione della richiesta che rivelerebbe una maggiore preoccupazione nei confronti dell'impatto della richiesta stessa»; cfr. Elisabetta Santoro, Lo sviluppo della competenza pragmatica in italiano L2. Un esperimento a partire da un corso online, in Contesti di apprendimento di italiano L2. Tra teoria e pratica didattica, a c. di Michaela Rückl, Elisabetta Santoro e Ineke Vedder, Firenze, Cesati, 2013, pp. 27-42: 35.
A monte dell'analisi vera e propria è d'obbligo premettere che sono ben consapevole dell'arbitrarietà tanto dei valori assegnati a M, P e C, quanto della formula utilizzata per combinarli insieme. Sebbene tali valori siano stati da me pensati per fornire una rappresentazione della realtà il più veritiera possibile, è chiaro che diversi valori (ad esempio il C calcolato su una scala da 1 a 10, oppure un differente peso assegnato ai M) sarebbero stati altrettanto ragionevoli. Tuttavia, se è vero che, con altri valori, i risultati del livello di cortesia delle varie richieste sarebbero stati diversi, è altresì certo che il trend sarebbe rimasto molto simile a quello da me osservato. In effetti, calcolare tutti i C su una scala da 1 a 10 in luogo che da 1 a 4, oppure dividere ogni P per 20 invece che per 40, avrebbe di fatto modificato con la stessa intensità tutti i risultati finali, e non avrebbe dunque intaccato le proporzioni che separano gli uni dagli altri. è dunque non tanto sui valori assoluti, bensì sulle proporzioni, sulle distanze relative, che verranno formulate ora alcune considerazioni