H. KEIL, Grammatici Latini, I-VIII, Lipsiae, 1857-1880 (qui GLK).
In merito ci si limita qui a rinviare allo studio complessivo di M. DE NONNO, Le citazioni dei grammatici in G. CAVALLO, P. FEDELI e A. GIARDINA (edd.), Lo spazio letterario di Roma antica, III, Roma, 1990, p. 597-646
e a G. BONNET, La forme des Artes grammaticae, reflets de la pratique des maîtres in F. BELLANDI e R. FERAI (edd.), Aspetti delia scuola nel mondo romano. Atti del Convegno (Pisa, 5-6 dicembre 2006), Amsterdam, 2008, p. 179-188.
Utili indicazioni bibliografiche ed i testi dei grammatici latini secondo le più recenti edizioni sono reperibili on line su: http://kaali. linguist.jussieu.fr/CGL/index.jsp.
Su Pompeo ci si limita a rinviare a M. DE NONNO, Pompeo in Enciclopedia Virgiliana, IV, Roma, 1996, p. 196.
GL V 127, 1-3 K. È in corso una più completa ricerca sul valore dell'accentus e delia distinctio a partire dalle testimonialize dei grammatici latini tardoantichi; ci si limita qui a rinviare alla vecchia monografia di F. SCHÖLL, De accentu linguae latinae veterum grammaticorum testimonia, Lipsiae, 1876.
In questa direzione resta un basilare contributo il volume di R. CRIBIORE, Writing, Teachers and Students in Graeco-Roman Egypt, Atlanta, 1997;
si vedano anche EAD., Gli esercizi scolastici dell 'Egitto greco-romano: Cultura letteraria e cultura popolare nella scuola in O. PECERE e A. STRAMAGLIA (edd.), La letteratura di consumo nel mondo grecolatino, Cassino, 1996, p. 505-525
e EAD., Gymnastics of the Mind, Princeton, 2001, part, p. 185-219.
Si confrontino anche i contributi nel più recente volume curato da A. A. MACDONALD, M. W. TWOMEY e G. J. REININK, Learned Antiquity. Scholarship and Society in the Near-East, the Graeco-Roman World and the Early Medieval West, Leuven, 2003,
nonchè il recente studio di R. CRIBIORE, The Education in the Papyri in R. BAGNALL (ed.), 77;
e Oxford Handbook of Papyrology, Oxford, 2009, p. 320-337.
F. DESBORDES, Idées romaines sur l'écriture, Lille, 1990, p. 39.
SulPimportante volume delia Desbordes e per ulteriori rinvii bibliografici a riguardo si veda Françoise Desbordes, gli Antichi, il Linguaggio, la Scrittura in Vichiana n.s. 11, 2009, p. 166-177, part. p. 175-177.
È opportuno, in questa sede, rinviare anche alle osservazioni di M. CORBIER, Donner à voir, donner à lire. Mémoire et communication dans la Rome ancienne, Paris, 2006, p. 77-90.
Sulla figura del grammaticus ci si limita a rinviare alle osservazioni in R. A. KASTER, Guardians of Language: The Grammarian and Society in Late Antiquity, Berkeley - Los Angeles - London, 1988, p. 447-454
e ai contributi di J. CANTÓ LLORCA, Las funciones del « grammaticus » segùn Quintiliano in T. ALBALADEJO, E. DEL RIO e J. A. CABALLERO (edd.), Quintiliano: historia y actualidad de la retórica: actas del Congreso internacional « Quintiliano: historia y actualidad de la retórica: 19 centenario de la Institutio Oratoria », II, Calahorra, 1998, p. 853-867;
U. SCHINDEL, Grammaticus in der Spätantike in M. A. SÁNCHEZ MANCANO (ed.), Gramática y commentario de autores en la tradición latina, Leon, 2000, p. 43-55
e ID., Der Beruf des «Grammaticus» in der Spätantike in J. DUMMER e M. VIELBERG (edd.), Leitbild Wissenschaft?, Stuttgart, 2003, p. 173-189.
Il campionario tenuto in considerazione per questa analisi è quello discusso in Tra ecdotica e performance: per un Corpus Papyrorum Vergilianarum in APF 56, 2010, p. 130-148.
Tutta la questione relativa al modo in cui si parla delia diastole nelle trattazioni grammaticali e all'esemplificazione virgiliana è affrontata in La diastole, i grammatici e due esempi virgiliani in RhM 152, 2009, p. 369-384,
cui si rimanda per ulteriori rinvii bibliografici. In questa sede (p. 372, n. 7) era stata avanzata l'ipotesi che il segno di diastole potesse essere letto all'interno del PRyl. III 478 (TM 62954 = LDAB 4146 = MP 3 2940 = CLA 2, 227 = CpL 1 = PIP 38); l'ultimo editore del papiro (M. FRESSURA, Note al Papiro greco Rylands 478 (PRyl 478) in SEP 4, 2007, p. 77-97),
però, non ha registrato la presenza di questi segni, per cui è bene mettere da parte l'occorrenza almeno fino a quando un nuovo esame autoptico dovesse illuminare a riguardo. Si legge, invece, in P. SAENGER, Space Between Words. The Origins of Silent Reading, Stanford, 1997, p. 54: «the diastole was never used by ancient Latin scribes in copying text. However, medieval scribes as early as the seventh century used it to separate words or to insert an omitted word, and they subsequently developed for it a number of variant shapes»
Si legge in un Supplementum a Dionisio Trace (G. UHLIG, Dionysii Thracis Ars grammatica, Lipsiae, 1883, p. 107, 1-5):
Sull'aggettivazione non derivata utilizzata in relazione alla a nei trattati grammaticali greci, utili le osservazioni di L. BASSET, La dérivation adjectivale dans la terminologie grammaticale gréco-latine in L. BASSET, F. BIVILLE, B. COLOMBAT, P. SWIGGERS e A. WOUTERS (edd.), Bilinguisme et terminologie grammaticale gréco-latine, Leuven, 2007, p. 58-59.
Più recentemente, sul sistema dei tre accenti si vedano le osservazioni di J. LUQUE MORENO, ACCENTUS: el canto del lenguaje. Representación de los prosodemas en la escritura alfabética, Granada, 2006, p. 79-82; è a questo volume che si rinvia anche in relazione alle affectiones, in tutte le sue componenti tanto orali quanto grafiche (p. 127-150).
H. DUNSCOMBE COLT, Who Read Virgil in Zin? in CJ 42, 1947, p. 315-323, part, p. 323: « the problem is not virtual, but the presence of this one Latin poet, from all the secular writers of Greece and Rome, is intriguing. Who read Vergil in the Wilderness of Zin? ».
In questa direzione, si confrontino G. CAVALLO, Funzione e struttura della maiuscola greca tra i secoli VIII e IX in P. CANART (ed.), La paléographie grecque et byzantine: colloque international du Centre National de la Recherche Scientifique: Paris, 21-25 octobre 1974, Paris, 1977, p. 100;
G. CAVALLO e H. MAEHLER, Greek Bookhands of the Early Byzantine Period: a.D. 300-800, London, 1987, p. 102
e P. RADICIOTTI, Manoscritti digrafici grecolatini e latinogreci nell 'antichità in PapLup 6, 1997, p. 126 (dove il PNess. II 1 è definito come un «eccellente esempio di una produzione digrafica non egiziana, ma palestino-siriaca»).
TM 62974 = LDAB 4166 = MP 3 2939 = CLA 11, 1652 = CpL 8 = PIP 44. II papiro contiene: Aen. I, 256-257; 262-263; 331-332; 336-337; 413-424; 457-459; 462-465; 468-470; 473-476; 598-599; 602-606; 607-610; 613-615; 618-619; 624-625; 662-664; 667-669; 673; 678; Aen. II, 24-102; 717-718; 723-724; 764-767; 783; 788-789; Aen. IV, 248-362; 364-497. Sulle questioni di bilinguismo greco-latino nei papiri resta basilare il volume di B. ROCHETTE, Le latin dans le monde grec. Recherches sur la diffusion de la langue et des lettres latines dans les provinces hellénophones de l'Empire romain, Bruxelles, 1997.
G. B. CONTE (ed.), P. Vergilius Maro. Aeneis, Berolini - Novi Eboraci, 2009, p. XII;
le sigle utilizzate per i documenti sono le stesse di M. GEYMONAT, P. Vergili Moronis opera, 2a ed., Roma, 2008.
I segni dei due papiri, insieme a quelli dell'intero Corpus papyrorum Vergilianarum, sono oggetto di una ricerca in corso; per ora, ci si limita a rinviare a L. CASSON e E. L. HETTICH, Excavations at Nessana, II, Princeton, 1950, p. 18-20. Per quanto riguarda il riferimento al testo dei PNess. II 1 e PNess. II 2, questo è fatto alia luce dell'esame autoptico dei due documenti effettuato tra il giugno ed il luglio 2009 presso la Pierpont Morgan Library di New York. Il numero delle linee del PNess. II 1, peró, per comodità del lettore, viene dato secondo l'edizione in circolazione, quella appena menzionata curata da Casson ed Hettich; per i frammenti andati perduti ed irrintracciabili alia Morgan (è il caso del Fr. III), poi, restano di riferimento l'editio princeps e le indicazioni in essa contenute. II riferimento al testo del PNess. II 2 è fatto attraverso una doppia numerazione delle linee, dal momenta che a quella dell'editio princeps è affiancata la nuova in Sul Virgilio palestinese del 'nuovo' PColt II 2 in An Pap 21-22, 2009-2010, p. 19-77, dove ai frammenti noti sono stati aggiunti altri inediti appartenenti al medesimo codice virgiliano; quelli in cui non viene dato il parallelo delle linee dell'edizione di Casson-Hettich sono i casi in cui il segno si riscontra in frammenti inediti. II testo dei papiri viene qui utilizzato per il solo fine esplicativo del segno in esame, motivo per il quale ci si astiene dalla puntuale restituzione del testo in conformità con i criteri papirologici e non si tiene conto di lettere più o meno parzialmente leggibili o delia presenza di ulteriori segni, elementi irrilevanti all'interno delia presente discussione e dei quali si terrà conto in altra sede.
CASSON e HETTICH, Excavations [n. 21], p. 18 e p. 67 (in relazione al PNess. II2); di comma o di virgula non si legge all'interno di nessuna trattazione grammaticale latina antica.
Un esperimento analogo è quello che è stato compiuto da J. N. ADAMS, Interpuncts as Evidence for the Enclitic Character of Personal Pronouns in Latin in ZPE 111, 1996, p. 208-210, il quale, a partire dall'evidenza paleografica e, in particolare da alcuni documenti provenienti da Vindolanda e ostraka di Wâdi Fawâkhir, punta all'individuazione di un valore più strettamente linguistico degli interpuncta.
Basti il rinvio a quanto si legge in Donato (L. HOLTZ, Donat et la tradition de l'enseignement grammatical, Paris, 1981, p. 611, 1. 6-8 = GL IV 372, 9-11 K): apostrophos circuit item pars dextera, sed ad summam littera adposita: hac nota deesse ostendimus parti orationis ultimam uocalem, cuius remanet, ut est 'tanton 'me crimine dignum / duxisti? '. Non merita di essere trascurato quanto sull 'apostrophus si legge in Pompeo (GL V 132, 15-27 K): est etiam apostrophos. Apud Latinos non facile in nominibus inuenitur, nisi quem ad modum remanserit in nominibus hoc apud Latinos quae si remanserit. Apud Graecos licet nobis et apostrophon facere et dicere plenum uerbum; apud Latinos non. Ceruical Graecus, quando in metro loquitur, sic dicit, quem ad modum remanserit. Non enim, quando soluta oratio est, dicit ceruical, sed dicit plena uerba. Apud Latinos quando apostrophos fit, si passa fuerit, passa est penitus, siue in metro siue in soluta oratione. Item in coniunctionibus semant legem graecam. Nam [in coniunctionibus] in metro deficiunt, in soluta oratione seruant. Puta tanton 'me, si soluta esset oratio, plenum diceret 'tantone me crimine dignum '. Men 'dicimus; soluta oratio si esset, mene diceret. Ergo seruatur illa lex graeca in coniunctionibus; in ceteris partibus orationis opus est ut semel pertulerit; si semel pertulerit, iam ipsam seruat.
GL IV 482, 12-14 K. Dell'analogia grafica tra diastole ed apostrophus si legge anche nella grammatica di Vittorino o Palemone (GL VI 194, 5-8 K), in Diomede (GL I 435, 16-19 K), nello PseudoPrisciano (GL III 520, 11-14 K), in Isidore (1, 19, 8), in Giuliano da Toledo (M. A. H. MAESTRE YENES, Ars Iuliani Toletani episcopi: una gramática latina de la Espana visigoda, Toledo, 1973, p. 175, 1. 115-116 e 1. 125-126) e nell'anonimo del Fragmentum Vaticanum (GL VI 275, 6-9 K); della motivazione per cui la precisazione è fatta, perö, si legge nelle sole linee di Sergio.
Scrive M. GEYMONAT, Grafia e interpunzione nell'antichità greca e latina, nella cultura bizantina e nella latinità medievale in B. MORTARA GARAVELU (ed.), Storia della punteggiatura in Europa, Roma - Bari, 2008, p. 45-46
che Vapostrophus e la diastole potevano essere «scritte in alto (come il moderno apostrofo) o in basso (come la virgola, di cui la diastole assunse presto la forma)». Su Nicanore resta di riferimento D. BLANK, Remarks on Nicanor, the Stoics and the Ancient Theory of Punctuation in Glotta 61, 1983, p. 48-67.
B. LAUM, Das alexandrinische Akzentuationssystem, Paderborn, 1928, p. 135-142 e p. 407-426, il quale, però, osserva come il campionario papiraceo in analisi non permetta di arrivare ad uno standard dell'uso del segno.
Si confronti LAUM, Das alexandrinische Akzentuationssystem [n. 32], p. 419: « die Analyse der in den Papyri vorliegenden Fälle freilich ergibt kein reines Resultat, zumal unbestimmbare Faktoren das Bild hier verwirren ».
TM 62689 = LDAB 3877 = MF 2932 = CLA 3, 288 = CpL 29 = PIP 61; l'ultima edizione del papiro è quella esaustiva di R. FUNARI, Corpus dei Papiri Storici Greci e Latini II Caius Sallustius Crispus, Pisa - Roma, 2008, p. 51-62, su cui si veda la recensione in APF 54, 2008, p. 251-257.
Sulla virgola basti in questa sede il rinvio alla definizione in D. CORNO, Repertorio analitico dei segni paragrafematici e della low storia in MORTARA GARAVELLI, Storia [n. 31], p. 613-614.
In questa sezione, i versi virgiliani vengono riportati secondo l'edizione di GEYMONAT, Vergilt [n. 20] ma con i soli segni dei papiri e senza la moderna interpunzione.
Si veda il commento alla stessa formula ad Aen. Ill, 118 in N. HORSFALL, Virgil, Aeneid 3. A Commentary, Leiden - Boston, 2006, p. 121.
SERV., Aen. I, 413-414; egli precisa anche che ex hoc enim pendent cetera quae sequuntur. Su Servio e sulla sua 'biblioteca', ci si limita, in questa sede a rinviare a A. PELLIZZARI, Servio. Storia, cultura e istituzioni nell'operadi ungrammatico tardo antico, Torino, 2003, p. 219-299.
Questi versi virgiliani, inoltre, vengono citati da Diomede (GL I417, 30-32; 418, 1-3 K) come da Dositeo (G. BONNET, Dosithée. Grammaire latine, Paris, 2005, p. 63, 1. 24-25 =
J. TOLKIEHN, Dositheus. Ars grammatica, Leipzig, 1913, p. 84, 1. 18-19 = GL VII 423, 23-24 K) nel momenta in cui si soffermano sui possibili usi e valori della congiunzione aut.
Rispettivamente BONNET, Dosithée [n. 46], p. 63, 1. 1-3 =
TOLKIEHN, Dositheus [n. 46], p. 83, 1. 14-16 = GL VII 423, 3-5 K (Aut coniunctio dubitatiuam, si geminetur, habet potestatem. Qui enim dicit 'aut librum uolo aut pretium ', utrumque se ex aequo desiderare significat, ut in Ulis⋯) e GL I 417, 30-32 K (Aut coniunctio dubitatiuam, si geminetur, habet potestatem. Qui enim dicit 'aut librum uolo aut pretium' utrumque ex aequo desiderare significat, ut Ulis⋯).
Ps. Im. RUFIN. in K. F. HALM, Rhetores Latini minores, Lipsiae, 1863, p. 60: est schema dianoeas, cum id quod aduersarius arrepturus est atque obiecturus, praesumimus acpraecipimus, ut Mus: neque-primum (⋯). Latine haecfigura dicitur praeceptio uel anticipatio.
SERV., ad loc.; si confronti il commento di N. HORSFALL, Virgil, Aeneid 2. A Commentary, Leiden - Boston 2008, p. 114-116.
SERV., ad loc.: 'dum stabat regno 'quia et ipse unus de regibus fuit. Et bene addidit dignitatem eius quem fingebat propinquum, ut ei iusta causa fuerit indignationis aduersus Ulixem; si veda anche il Glossarium Ansileubi, W. M. LINDSAY, J. F. MOUNTFORD e J. WHATMOUGH, Glossaria Latina, I, Paris, 1926, p. 190, no 127: 'dum stabat': dum permanebat.
DON., ad loc.: Cogitabam, inquit, defendendum esse amicum uim passum ex criminibus falsis, defendendum esse innocentem, sed nimius dolor tantum potuit, utmefecisset insanum. Denique quod tegendum animo fuit, quodalto silentio retinendum non uolutate mea neque integro statu mentis potius effudi quam rettuli; dixi, clamaui quodpietate cogente nimius disposuerat dolor, scilicet de morte insontis in sedibus patriis me auctore futurum esse iudicium meque ipsum sic adfuturum causae, ut admissi sceleris ultio proueniret. Sed omne illud quod incauto dolore diffuderam insidiantis inimici tergiuersatione praeuentum est, odio scilicet in me meis professionibus concitato neque ipso leui, sed exitium mihi salutis adequirentis. Quid enim cogitare posset inimicus, qui se sperabat non esse uicturum, si ego incolumis adpatriam remeassem? Può essere utile menzionare anche quanto si legge nel Glossarium Ansileubi, LINDSAY, MOUNTFORD e WHATMOUGH, Glossaria [n. 54], p. 386, no 126 ('nec tacui': nec silui) e in DON. TER., Eun. 820 {Jacemus consilia, ut nec tacui demens).
Si confrontino SERV., ad loc. e, per ulteriori rinvii bibliografici, il commenta al verso di HORSFALL, Virgil [n. 53], p. 71-72.
Si confronti quanto si riscontra in C. THEANDER, M. INGUANEZ e C. J. FORDYCE, Glossaria Latina, V, Paris, 1931, p. 290, no 238: 'medium axe ': medium caeli cursum.
HOLTZ, Donat [n. 28], p. 611, 1. 5 (= GL IV 372, 6 K); analogamente, si legge in Diomede (GL I 435, 11-12 K). Donato sembra chiaramente riferirsi alla separazione di parole che non hanno rapporto sintattico fra loro e non in tutti gli altri casi che si riscontrano nei papiri, in cui la diastole serve ad unire, non a discernere, dividere, ciö che non può andare insieme {male cohaerentia).
Sulla lettura nel mondo romano ci si limita a rinviare a G. CAVALLO, Tra « volumen » e « codex ». La lettura nel mondo romano in G. CAVALLO e R. CHARTIER, Storia della lettura, Bari, 2009
(prima edizione del 1995 con aggiornamento bibliografico accresciuto), p. 37-69 e a M. PARKES, Leggere, scrivere, interpretare il testo: pratiche monasticke nell'Alto Medioevo, ibid., p. 71-90.
É opportuno qui rinviare al solo contributo di a A. L. e G. LEPSCHY, Punteggiatura e linguaggio in MORTARA GARAVELLI, Storia [n. 31], p. 3-24,
su cui si veda la recensione in Scriptorium 63, 2009, p. 162-170.
Ism., orig. 1, 19. Del resta, a proposito dell'accentazione all'interno dei papiri greci biblici, in A. BIONDI, Gli accenti nei papiri greci biblici, Roma, 1983, p. 67,
si parla di questo sistema segnico come connotato di una « funzione pratica "diacritico-enfatica" ». É opportuno menzionare anche il riferimento alla distinctio fatto all'interno del De conversatione del Colloquium Leidense (sul quale si veda CGL III, p. XXXIV-XXV): Puer meus, da mihi tabulam, et alii in ordine reddunt ad distinctum, et ego transeo lectionem (CGL III 638, 8). In questo esempio, differentemente dagli altri casi in cui si ha un corrispondente greco, il parallele è creato tra la distinctio e la: che il maestro stesse facendo riferimento ad un testo segnato e funzionale alla lectio è evidente. Un caso analogo è quello del testo pubblicato da A. C. DIONISOTTI, From Ausonius 'Schooldays? A Schoolbook and its Relatives in JRS 72, 1982, p. 83-125: relego quod scripsi ad distinctum (p. 99, 13r 28). Si confrontino anche le osservazioni di CRIBIORE, Writing [n. 7], p. 85. È in fase di redazione da parte di chi scrive un'ulteriore indagine sul valore delia distinctio e sui suoi legami con la sfera dell'accentus, motivo per il quale, in questa sede, il riferimento alla distinctio è fatto in modo cursorio.