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Abstract :
[it] Partendo dal presupposto che la costruzione della soggettività individuale sia un processo composito e dinamico, questo intervento mira a metterne in evidenza i sostrati materiali, cioè quei fattori che agiscono direttamente sulla corporeità. In particolare, viene considerata la materialità delle pratiche alimentari e culinarie come luogo della definizione stratificata del sé. Tali pratiche dialogano con una pluralità di discorsi che sfumano i confini dei corpi individuali e li rendono permeabili agli effetti delle rappresentazioni collettive e delle appartenenze che queste determinano.
L’intervento focalizzerà sulla storia di Bâhirah, una giovane donna di origine marocchina residente nella provincia di Milano. La sue pratiche del quotidiano, indagate con il metodo dell’osservazione partecipante e grazie ad interviste semi-strutturate, forniscono un esempio delle dinamiche enunciate sopra. L’importanza del cibo nella storia di questa donna è determinata da diversi fattori, tra i quali la malattia di una delle sue figlie, affetta da diabete mellito 1. Le disfunzioni corporee che caratterizzano questa patologia, determinano la necessità, da un lato, di un controllo minuzioso degli alimenti ingeriti (dunque incorporati) e degli elementi biologici che li compongono; dall’altro, una excorporazione di alcune funzioni fisiologiche legate all’alimentazione, delegate a strumenti esterni al corpo. Tali azioni sono finalizzate a conformare quest’ultimo ad una “normalità” definita da canoni biomedici, i quali permettono l’inclusione nella collettività “sana”.
Il contesto più ampio in cui queste dinamiche si inseriscono, è costituito da una pluralità di discorsi, tra i quali in particolare quelli che riguardano il rapporto tra alimentazione e migrazione. Se da un lato si assiste ad un’ipermobilità delle gastronomie (o dei loro elementi), alla loro delocalizzazione e rilocalizzazione in culture alimentari altre, dall’altro la standardizzazione delle abitudini alimentari proprie alla diversità culturale sembra essere prerogativa essenziale della cosiddetta “integrazione” dei migranti. Tali dinamiche si ripercuotono sulla materialità delle (micro)pratiche quotidiane attorno al corpo che questo intervento si propone di analizzare. Le riflessioni saranno accompagnate da alcuni supporti visivi.